Chiudere il cerchio: fanghi di depurazione e suolo agricolo, la sfida dell’economia circolare
Il 17 aprile, il Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agro-Alimentari (DISTAL) dell’Alma Mater Studiorum Università di Bologna ha ospitato un evento che ha messo al centro una sfida concreta e urgente per il futuro dell’agricoltura sostenibile: il convegno “Chiudere il cerchio”, promosso da Chimica Verde Bionet e DISTAL con il sostegno di diverse realtà, tra cui il Centro Agricoltura Ambiente Giorgio Nicoli (CAA).
L’obiettivo dell’incontro? Aprire uno spazio di confronto, tecnico e multidisciplinare, sull’uso dei fanghi di depurazione in agricoltura come leva strategica per rigenerare i suoli, recuperare carbonio organico ed elementi nutritivi, e chiudere i cicli biochimici in una prospettiva autenticamente circolare.
Il valore “nascosto” dei fanghi
Durante la sessione tecnico-scientifica, l’attenzione si è concentrata su un tema cruciale e spesso trascurato: il suolo. Sempre più fragile, povero, silenzioso.
In Emilia-Romagna, oltre il 40% del suolo pianeggiante presenta un contenuto di sostanza organica inferiore al 2%. Un dato che preoccupa, considerando che un basso contenuto di sostanza organica è uno dei principali segnali di degrado del suolo, come sottolineato anche nei rapporti della FAO sul rischio di desertificazione.
Ma è proprio da questa fragilità che può nascere una svolta.
Claudio Ciavatta, Ordinario di Chimica Agraria presso il DISTAL dell’Università di Bologna, ha ribaltato il paradigma:
“I suoli devono essere funzionali, devono poter svolgere il loro ruolo chiave nell’ecosistema, non possono essere visti solo come superfici da coltivare.”
Secondo Ciavatta, la sostanza organica è una figura invisibile, ma regista silenziosa dell’intero sistema suolo-pianta. Regola la struttura, trattiene l’acqua, rilascia nutrienti, sostiene la biodiversità. E i fanghi di depurazione — se gestiti correttamente — possono restituire al suolo ciò che il tempo e l’uomo gli hanno tolto.
“Quando inseriamo i fanghi opportunamente trattati in questo contesto — ha spiegato Ciavatta — non stiamo semplicemente gestendo un rifiuto, ma stiamo chiudendo un ciclo: parto con un rifiuto, dopo trattamento esco con un prodotto.”
Una frase che è già una visione: trasformare uno scarto in risorsa, rigenerare i suoli e insieme il nostro rapporto con l’ambiente.
Chiudere il cerchio, davvero.
Strumenti per decidere, dati per scegliere
Tra i progetti concreti presentati al convegno, ha avuto rilievo la “Carta d’identità dei fanghi”, uno strumento innovativo sviluppato con il supporto del CAA, pensato per fornire dati chiari e aggiornati sulle caratteristiche dei materiali destinati all’uso agricolo.
Una sorta di documento tecnico-visivo, basato su solide basi tecnico-scientifiche, utile a garantire tracciabilità, sicurezza d’uso e trasparenza.
Nel confronto è emersa anche l’assoluta esigenza di una normativa aggiornata, scientificamente fondata e coerente con le esigenze del sistema suolo-pianta.
Perché — come più volte sottolineato — non basta parlare di sostenibilità: servono regole che traducano i dati in scelte operative.
Il contributo dei territori: chiudere il cerchio insieme ai produttori
Uno dei momenti più vivi del convegno è stata la tavola rotonda con i produttori e gli attori del settore: da HERAMBIENTE S.p.A. a ENOMONDO, IREN, CUOIODEPUR, fino al Centro Agricoltura Ambiente Giorgio Nicoli, da anni impegnato nella promozione di soluzioni localmente adattate e sostenibili.
Fabio Cella, esperto normativo, ha evidenziato con forza come: “Il destino dell’organico nel nostro Paese rischia di essere nuovamente stravolto.”
Un monito che richiama alla necessità di costruire strategie stabili, locali e scientificamente fondate per valorizzare i fanghi nel lungo periodo.
“Chiudere il cerchio” non è una formula comunicativa: è una visione condivisa, che parte da esigenze ambientali, si fonda sulla scienza, si traduce in collaborazione concreta tra enti, imprese e territori e deve essere comunicata ai cittadini perché siano correttamente informati e consapevoli dell’enorme valore che possono avere i rifiuti a base organica nel garantire qualità e funzionalità dei suoli. Ridurre gli sprechi, restituire alla terra ciò che da essa proviene, ridare valore a ciò che oggi è visto solo come scarto: è questa la sfida vera dell’economia circolare.
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