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Fanghi di depurazione biologici: buone pratiche per il riutilizzo agricolo

fanghi di depurazione sono il principale residuo dei trattamenti depurativi delle acque reflue. Sono composti da tutte quelle sostanze, organiche e inorganiche, che devono essere sottratte a tali acque prima della loro reimmissione nell’ambiente.

Lo stoccaggio dei fanghi di depurazione

Per condurre in maniera adeguata l’attività di stoccaggio risulta necessario disporre di un impianto. L’obiettivo di quest’ultimo è quello di permettere ai depuratori di avere una destinazione garantita sui quantitativi prodotti.

Centro Agricoltura Ambiente ha realizzato per fasi successive, tra il 2009 e il 2018, un impianto di stoccaggio per questi materiali. Nella sua attuale e definitiva versione, l’impianto ha una capacità puntuale di 18.360 tonnellate e una potenzialità annua di trattamento di 55.000 tonnellate.

Anche le attività di riutilizzo si avvantaggiano della presenza degli stoccaggi. Questi consentono di concentrare il conferimento in campo del materiale, potendo disporre in un unico momento degli accumuli realizzati nel corso di un più lungo arco temporale.

La raccolta del materiale destinato a recupero in un numero limitato di siti definiti e autorizzati offre la possibilità di esercitare su di esso un controllo approfondito e costante. Sia da parte degli stessi gestori, sia da parte degli organi pubblici preposti a tale compito.

I fanghi di depurazione e la fertilizzazione

Il valore agronomico dei fanghi di depurazione è dato, in primo luogo, dalla loro dotazione in Carbonio organico. Questa deriva dai processi di digestione e stabilizzazione della sostanza organica fresca contenuta nei reflui fognari.

L’interramento di tali materiali nel terreno agricolo è in grado di contrastare quei processi di impoverimento organico che sempre più spesso si riscontrano nei suoli agrari dei nostri areali mediterranei.

I fanghi sono in grado di esercitare anche un significativo effetto concimante per le colture, in considerazione della presenza di Azoto e Fosforo (rispettivamente tra il 4 e il 5% e tra l’1,5 e il 2% sulla sostanza secca).

Sono in genere presenti, seppure in rapporti inferiori (tracce), anche altri elementi utili per il metabolismo vegetale, come Potassio, Rame, Zinco e Ferro.

Fanghi di depurazione: procedure operative

L’attività di riutilizzo agricolo dei fanghi di depurazione presenta elementi di criticità che vanno tenuti in particolare considerazione. Questo per garantirne la corretta esecuzione ed evitare di arrecare significativi disturbi e disagi ai residenti delle aree coinvolte.

Ciascuna fase dell’attività è potenzialmente in grado di risultare impattante e va quindi gestita con procedure adeguate, per la maggior parte indicate e prescritte dalle normative di riferimento o dai singoli atti autorizzativi. Alcune possono essere adottate su base volontaria dai gestori dell’attività.

1) Trasporto e scarico in campo

Trattandosi di materiali classificati come rifiuti speciali non pericolosi, il loro trasporto va effettuato mediante mezzi autorizzati. Questi sono in grado di assicurare la perfetta tenuta dei cassoni di carico e di garantire l’impossibilità di perdita di materiale. Devono inoltre disporre di un sistema di copertura del cassone di carico, che consenta anche di limitare l’emissione di odori sgradevoli lungo il percorso. Va posta particolare attenzione al mantenimento della pulizia esterna dei mezzi, soprattutto successivamente alla fase di caricamento in stoccaggio.

In campo, il materiale dovrà comunque essere scaricato in zona piana, ad adeguata distanza da fossi e scoli. I fanghi di depurazione dovranno permanere in cumulo per il tempo strettamente necessario ad organizzare e realizzare le successive fasi operative della filiera. Il tempo massimo di permanenza in cumulo consentito dalla normativa vigente è di 48 ore.

2) Distribuzione

In riferimento alle caratteristiche fisiche dei fanghi, la loro distribuzione in pieno campo può essere proficuamente realizzata con l’utilizzo di rimorchi spandiletame a distribuzione laterale o posteriore. Negli utilizzi su colture arboree in filare, come i pioppeti da legno o da biomassa, sono da privilegiare i mezzi a distribuzione posteriore.

L’elemento tecnico da valutare per definire il livello qualitativo dell’operazione è sicuramente l’omogeneità della distribuzione del materiale.

Le caratteristiche strutturali degli organi distributori e del sistema che garantisce la loro alimentazione sono gli elementi che rivestono la maggiore importanza. Va in particolare considerata la loro capacità di far presa sulla massa del materiale da distribuire producendone lo spostamento all’interno del cassone di carico e lo spandimento sulla superficie da fertilizzare.

È necessario limitare quanto più possibile la durata delle due fasi. Considerato che le maggiori emissioni di odori sgradevoli sono direttamente collegate alla specifica fase di spandimento del materiale e a quella della permanenza sul terreno del fango distribuito, occorre in primo luogo che il cantiere di distribuzione sia in grado di garantire elevate rese operative. La definizione ottimale è data da un mezzo adibito al caricamento del materiale e da due carri spandiletame in grado di distribuire almeno 50-60 tonn/ora.

L’obiettivo di perseguire un innalzamento del livello qualitativo dell’attività di spandimento deve tradursi in una riduzione delle tempistiche intercorrenti tra la distribuzione dei fanghi di depurazione e il loro interramento. E' importante evitare in particolare la permanenza notturna sul terreno del materiale distribuito.

3) Lavorazione del terreno

La lavorazione del terreno successiva alla distribuzione dei fanghi di depurazione, realizzata per provvedere al loro interramento, rappresenta l’ultima fase operativa della filiera del loro recupero in agricoltura.

Diverse sono le tipologie di mezzi meccanici utilizzabili, caratterizzati da differenti organi di lavoro e modalità di azione sul terreno, ma in grado di garantire un adeguato interramento del materiale.

La scelta del tipo di organo operativo da utilizzare e della profondità della lavorazione da adottare può variare in funzione di diversi fattori:

– quantità di fanghi distribuiti per ettaro;

– caratteristiche del materiale;

– residui colturali sulla superficie;

– successione colturale prevista;

– tessitura del terreno da sottoporre a lavorazione.

Occorre porre particolare attenzione nella conduzione dell’attività nelle condizioni di più difficile gestione, quali apporti di fanghi superiori a 30-35 tonn/ha, abbondante presenza di materiale vegetale residuo della precedente coltura (sorgo), terreno pesante e compatto, coltura in successione che richieda un franco di coltivazione profondo (barbabietola). In queste situazioni, è necessario provvedere alla movimentazione di uno strato di terreno intorno ai 30 centimetri di spessore. Invece, sui terreni di medio impasto o tendenzialmente sciolti, caratterizzati da agevole lavorabilità, e in situazione ordinaria di conduzione, possono essere eseguite lavorazioni anche più superficiali.

È fondamentale avere comunque cura di garantire una profondità di lavorazione di almeno 15-20 centimetri, per assicurare la completa copertura del materiale distribuito.

4) Mezzi utilizzati

Occorre verificare preliminarmente che i mezzi destinati a realizzare l’attività possiedano caratteristiche di idoneità tecnica tali da garantirne un corretto svolgimento.

Tale aspetto riveste particolare rilievo in considerazione del fatto che, spesso, gli agricoltori interessati alle attività di riutilizzo dei fanghi di depurazione intendono gestire la fase di interramento del materiale utilizzando mezzi aziendali propri, che non sempre possiedono idoneità tecnica.

Si tratta di condurre tale verifica già al momento della definizione degli accordi con l’azienda agricola. In caso di accertata inidoneità, si può richiedere, come soluzione alternativa, di fare riferimento a terzisti di fiducia dell’azienda stessa, dotati di attrezzature adeguate.

Nel caso tale alternativa non fosse percorribile, è necessario disporre di terzisti attrezzati per l’attività, da proporre alle aziende agricole che non risultino autonome in tal senso e da mettere in collegamento operativo con i cantieri di distribuzione.

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