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Reperti archeologici: il restauro del legno bagnato

Lo studio e il ritrovamento dei reperti archeologici sono parte integrante dell’archeologia, un campo multidisciplinare che coinvolge diverse competenze che contribuiscono a rivelare il nostro passato e preservare il nostro patrimonio culturale per le future generazioni.

Il recupero dei reperti implica l’adozione di una serie infinita di processi: l’approccio all’analisi e lo studio dei ritrovamenti dipendono infatti da fattori disparati, tra cui la natura del reperto, il contesto in cui è stato ritrovato e gli obiettivi specifici della ricerca.

In questo articolo inizieremo a scoprire l’affascinante attività del restauro del legno bagnato, una pratica altamente specializzata esercitata anche nei laboratori del Centro Agricoltura Ambiente.

Il legno si conserva meglio in ambienti umidi

Fin dall’antichità il legno è stato utilizzato dall’uomo per la sua ampia reperibilità e la sua facilità di lavorazione.

La sua conservazione tuttavia è alquanto rara: essendo a tutti gli effetti una sostanza organica, il legno è soggetto a un rapido degrado e disfacimento per opera di batteri e microrganismi. Unicamente in determinate condizioni di giacitura questo materiale può conservarsi per millenni, mantenendo pressoché inalterato il suo aspetto.

I materiali lignei si conservano prevalentemente in ambienti umidi, come i livelli sommersi dalla falda freatica o in ambienti creati dall’uomo in cui l’acqua è presente permanentemente, come pozzi, buche, fossati e canali.

Per questo motivo, quando si parla di ritrovamento di reperti archeologici in legno, gli operatori provvedono già dalle prime fasi di scavo a un immediato intervento in apposite vasche di conservazione.

Come si trattano i reperti archeologici in legno?

La tecnica del restauro del legno bagnato consiste nell’impiego di metodologie di mantenimento a medio e lungo termine di reperti archeologici in legno che si sono conservati per secoli (talvolta millenni).

Il legno è forse il materiale più complesso da restaurare in archeologia: è organico e come tale continua a essere soggetto nel tempo a interminabili variazioni, compresa una progressiva e irreversibile perdita della sua parte strutturale (lignina).

L’acqua è in grado però di conservarlo in maniera piuttosto stabile, permettendo conseguentemente di esporre i reperti archeologici lignei al pubblico, in musei e  raccolte.

Per il restauro del legno bagnato, il CAA utilizza uno dei metodi impiegati nel settore, quello dell’impregnazione con Glicole Polietilenico (PEG), un percorso complesso che può durare da qualche mese ad anni di lavoro.

In ogni caso, il miglior trattamento è quello che, oltre a ridare consistenza e strutturalità al reperto e ad affrancarlo per sempre dalla necessità di tenerlo immerso in acqua, conserva il più possibile le sue caratteristiche, dalle dimensioni alle superfici, dalle lavorazioni al colore addirittura fino alla stessa esperienza tattile.

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