Scienza forense e palinologia: insieme contro il crimine
Con il termine scienza forense si intende l’applicazione di determinate metodologie scientifiche alle tradizionali investigazioni giudiziarie, in vista dell’accertamento di un potenziale reato.
I settori che rientrano all’interno di questo studio sono innumerevoli: dalla chimica alla fisica, dalla medicina alla psicologia, dall’ingegneria all’informatica.
Anche la palinologia collabora a stretto contatto con questa disciplina. Sempre più influente nella risoluzione di svariati casi – anche i più complicati – la cosiddetta palinologia forense si occupa dello studio dei palinoformi rinvenuti sulle scene del crimine.
Scienza forense: il polline come nemico della criminalità
Come può il polline avere un ruolo così rilevante nelle analisi criminologiche?
Come sappiamo la palinologia è la scienza che studia i palinomorfi, elementi di origine animale e vegetale che riescono a resistere alla decomposizione. Questa indagine coinvolge l’analisi del polline, delle spore e di tutti i restanti microrganismi organici presenti in un determinato contesto.
Di conseguenza, grazie alla semplicità legata al suo trasporto, il polline può rivelare informazioni fondamentali per la risoluzione di un caso.
La palinologia forense si occupa del riconoscimento dei pollini per meglio inquadrare il contesto indagato, come ad esempio individuare il contesto ambientale dove si trovava una determinata persona nel momento di interesse: ogni luogo ha infatti un assemblaggio di polline unico nel suo genere.
Su una scena del crimine, un campione di polline può aiutare a identificare l’esatta specie vegetale che è entrata in contatto con la vittima. Questa identificazione, di conseguenza, può risultare determinante nel comprendere, ad esempio, in quale periodo dell’anno e in quale luogo si trovasse la vittima.
Il polline non è quindi un particolare in più ma un indizio talvolta determinante nella risoluzione di un caso, soprattutto dei più complessi.
Criminopalinologia nella storia: il caso di Cangrande della Scala
Negli ultimi anni, le analisi palinologiche condotte dai ricercatori del Centro Agricoltura Ambiente sono state più che numerose.
Tra i casi più affascinanti c’è sicuramente quello riguardante l’apertura dell’arca funebre di Cangrande della Scala a Verona nel febbraio 2004.
Durante questa occasione i ricercatori del Centro hanno avuto la possibilità di procedere con il campionamento delle polveri e dei reperti vegetali presenti all’interno dell’arca, sulle vesti funebri, all’esterno ed anche all’interno del corpo mummificato del Signore di Verona.
Nello specifico, il lavoro svolto ha interessato l’analisi palinologica di otto campioni prelevati dal corpo di Cangrande, sia esternamente che internamente, tre campioni provenienti dal suo telo funebre e sui resti delle piante rivenute all’interno dell’arca stessa.
Campioni pollinici e risultati
Durante l’apertura dell’arca sono stati rinvenuti e raccolti tutti i reperti vegetali presenti, in particolare quelli nascosti sotto al corpo del Cangrande.
Come sperato, in tutti i campioni analizzati sono stati rinvenuti granuli pollinici in ottimo stato di conservazione.
Questo ha permesso di determinare la provenienza dei tessuti rinvenuti nell’arca, un loro eventuale utilizzo esterno e specifiche sull’assunzione di alimenti nelle ultime fasi di vita di Cangrande.
L’incontro tra la scienza forense e la palinologia ha permesso, in questo come in molti altri casi, di ottenere informazioni incredibilmente dettagliate riguardo alle abitudini e alle usanze del passato.
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